domenica 26 giugno 2011

CHE COSA è l'AZHEIMER? sEMINARI INFORMATIVI ALLE BADANTI

“ LA COMUNICAZIONE CON IL MALATO ALZHEIMER

Relatore

Dott.ssa Manuela Giambanco


           
La malattia di Alzheimer ( da Alois Alzheimer, il neurologo che nel 1906 la identificò per la prima volta) è una forma di “demenza senile” che colpisce il sistema nervoso centrale (cervello) compromettendo le facoltà mentali (memoria, ragionamento e comportamento) che formano e identificano l’individuo in quanto tale.

I disturbi tipici di questa malattia li ritroviamo nella:

·         Sfera cognitiva: memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio e capacità di formulare un ragionamento compiuto;
·         Sfera affettiva: frequente è la presenza di depressione dell’umore, sia legata alle lesioni cerebrali, sia connessa alla consapevolezza del proprio stato;
·        Vita quotidiana: incapacità di svolgere le comuni attività della vita quotidiana, come occuparsi della cura personale, governare la casa, cucinare, fare acquisti, assumere i farmaci correttamente;
·        Sfera del comportamento: quali l’irritabilità, la depressione, l’apatia. In alcuni casi si riscontra anche una certa sospettosità che porta anche all’accusa , rivolta ai familiare, di essere derubati. In altri casi si evince un cambiamento della personalità per cui persone tranquille diventano aggressive, impulsive e violente.

Come si potrà notare, le aree di disturbo che intacca la malattia sono cardinali nello sviluppo e mantenimento della nostra identità e della nostra storia. Quello che noi siamo, la nostra personalità, infatti è data dall’insieme di tutte le nostre esperienze, delle nostre relazioni e dei nostri ricordi (che risiedono nella memoria). Per questo motivo possiamo dire che la malattia di Alzheimer intacca profondamente, fino a sgretolare, l’identità del malato.
Il sintomo cardinale, quindi, è rappresentato dalla perdita della memoria recente, dall’incapacità di immagazzinare nuovi ricordi. Il paziente non ricorda dove ha riposto un oggetto, dimentica quello che è avvenuto pochi minuti prima e tende ad essere ripetitivo. Con il proseguire della malattia anche la memoria autobiografica, i ricordi del proprio passato, vengono dimenticati progressivamente partendo dal più recente fino ad arrivare alla propria infanzia.
Contemporaneamente ai disturbi di memoria, nella malattia di Alzheimer si manifestano anche i disturbi del linguaggio e della comunicazione. Il paziente si accorge che gli manca la parola (anomie) e i familiari che perde il filo del discorso. Il linguaggio tende ad impoverirsi. Da qui deriva la tendenza da usare termini passe-partout: il coltello diventa “quello per tagliare”, il bicchiere “il coso per bere”. Con il progredire della malattia iniziano anche a storpiare le parole dire “favolo” per “tavolo”, “topo” per “formaggio” o viceversa.

La diminuzione progressiva della capacità linguistica unita alla perdita di memoria, conducono ad un deterioramento della comunicazione, comportando un isolamento progressivo del paziente.

Come comunicare con un malato alzheimer?
La comunicazione verbale, che è composta dal linguaggio, dai pensieri e dalle parole con i quali si esprimono opinioni, commenti ed emozioni. come già accennato la capacità di comunicare si modifica in modo sempre più evidente con il progredire della malattia.
·        Nelle fasi iniziali: sono presenti le anomie: il paziente sa quello che vuole dire ma non trova la parola per dirlo (effetto “sulla punta della lingua”). Tende, inoltre, ad usare sempre più spesso frasi fatte o parole passe-partout.
·        Nelle fasi più avanzate: il linguaggio spontaneo si impoverisce progressivamente e diviene in parte incomprensibile. Le anomie aumentano e l’unica strategie, nel malato, per compensare questi disturbi è parlare sempre di meno. I disturbi di comprensione diventano sempre più gravi. Ai problemi di linguaggio si associano quelli di scrittura, che tende a farsi minuta, piccola e incomprensibile.
·        Nella fase avanzata: la comunicazione verbale risulta impossibile per grave deficit di comprensione. Il linguaggio spontaneo è caratterizzato da una produzione fluente di parole senza senso. il malato, inoltre, può apparire mutacico (muto) e i suoi silenzi vengono interrotti solo da sillabe ripetute in modo incontrollato o da brevi frammenti verbali.
Cosa fare?
Il malato, rendendosi conto di non essere compreso, può arrabbiarsi perchè non riesce ad esprimere ciò che desidera, oppure rinunciare alla conversazione. Chi si prende cura del malato di Alzheimer (sia familiare che badante), deve cercare di preservare il più a lungo possibile la capacità comunicativa.
Alcuni suggerimenti:
·        Controllare che il paziente abbia la protesi acustica accesa e gli occhiali;
·        assicurarsi che l’ambiente sia accogliente e non sia troppo rumoroso;
·        parlare al malato ponendosi di fronte allo stesso;
·        Trovare il modo per utilizzare le capacità residue;
·        non isolarlo, ma coinvolgerlo nella conversazione;
·        Concedergli del tempo per rispondere;
·        non correggerlo, non anticipare le sue risposte e non parlare la suo posto;
·        parlare lentamente e con chiarezza evitando di gridare;
·        utilizzare frasi semplici e brevi;
·        Ascoltare con attenzione ciò che il malato esprime anche se con difficoltà;
·        usare il dialetto, se è la lingua meglio compresa;
·        non trattarlo come un bambino.

La comunicazione non verbale, che non può essere slegata dalla comunicazione verbale, riguarda tutto ciò che trasmettiamo attraverso il corpo. Fanno parte: i movimento del corpo, i gesti, le espressioni del viso, gli atteggiamenti, il riso, il pianto, lo sbadiglio, i cambiamenti del tono della voce, le pause, i silenzi, la distanza e il contatto fisico, l’abbigliamento, il trucco e gli ornamenti.
Nello stadio avanzato della malattia sono i mezzi non verbali a dominare la relazione tra familiare/badante e malato. Il paziente affetto da malattia di Alzheimer conserva la capacità di comunicare con il mondo circostante anche nelle fasi più avanzate della malattia. Anche se dice cose strane e non facilmente comprensibili comunica con l’espressione del viso, con il corpo, con le parole e con il tono delle voce.
Alcune problematiche più comuni, che lasciano il familiare/badante in preda ad un sentimento di impotenza sono:
·        Il Pianto: può avere origini fisiche o psicologiche. Potrebbe inoltre, rappresentare un campanello di allarme per la presenza di una sindrome ansiosa e depressiva.
§         Cosa fare:
Il pianto ha sempre un significato di richiesta di aiuto. Una volta escluse le cause fisiche è importante intervenire rassicurando e consolando il malato, anche se la situazione è apparentemente incomprensibile.

·        La Paura: è un’emozione primaria di difesa provocata da una situazione di pericolo reale, immaginaria o evocata dal ricordo. I malati in stato avanzato della malattia sono in grado di comunicare con il proprio corpo questa emozione, come l’innalzamento delle sopracciglia, gli occhi spalancati, la bocca aperta.
·        L’Apatia: è uno stato di indifferenza verso il mondo circostante. Il malato rimane seduto per ore senza fare nulla.
§         cosa fare:
si può stimolare il malato proponendo attività che lui è capace di fare oppure coinvolgerlo nelle semplici attività di casa in modo da farlo sentire utile.

Concludendo
Nella fase avanzata delle malattia, ma non solo, quando la comunicazione verbale non è praticabile, è necessario che  i familiari/badanti continuino a cercare un contatto con il malato e parlargli. Questo evita che il malato si senta escluso da tutto e da tutti.


sabato 25 giugno 2011

UN'ESPERIENZA PRESSO L'OSPEDALE VALDUCE DI COMO-GRUPPI ABC: LA CONVERSAZIONE POSSIBILE CON IL FAMILIARE ALZHEIMER.

GRUPPI ABC LA CONVERSAZIONE POSSIBILE CON IL FAMILIARE ALZHEIMER

Gruppi per i familiari di pazienti Alzheimer

Progetto della Dott.ssa Manuela Giambanco
Il progetto si è estrinsecato in sei incontri, ai quali hanno partecipato dieci (10) familiari, tra questi erano presenti anche coppie di fratelli. La frequenza si è mantenuta costante.
Gli obiettivi del progetto sono:
  1. Favorire una comunicazione con il familiare malato;
  2. Riconoscere e accettare i propri limiti;
  3. Incentivare il bisogno di ridefinire la propria identità;
La valutazione del progetto si è svolta usando un questionario somministrato all'inizio e alla fine del gruppo. Da questo è emerso quanto segue:
  • Obiettivo 1: La comunicazione con il proprio congiunto appare migliorata, a fronte anche di un modo diverso di porsi del familiare nei suoi confronti, ovvero non interrompendolo, seguendo il suo discorso, non facendo domande, rispondendo correttamente alle domande poste dal congiunto con DA. Questo comportamento ha instaurato un circolo virtuoso che ha portato il malato Alzheimer a diminuire la ripetizione della stessa frase e a costruire delle frasi, sintatticamente corrette. Alcuni familiari riferiscono, inoltre, che la possibilità di interrompere la ripetizione continua delle frasi nel proprio congiunto, li ha aiutati nel continuare la conversazione, rendendola piacevole, per entrambi. Questo possiamo definirla un esempio di "Conversazione felice"
  • Obiettivo 2: emerge una maggiore consapevolezza da parte del caregiver della stretta dipendenza che ha verso di lui il proprio familiare e a ciò si associa ancora di più. Il senso di colpa del caregiver nella relazione con il proprio familiare. Dagli incontri, però, si riscontra che il caregiver accetta di più la malattia, pur avendo presenti gli elementi sopra menzionati.
  • Obiettivo 3: Durante gli incontri è emerso una notevole difficoltà da parte di molti caregiver a potersi concedere una vita fuori dall'accudimento del proprio familiare. In questo è stata molto importante l'esperienza di alcuni membri che sono riusciti a trovare degli spazi per se stessi. Il loro racconto, infatti, ha aiutato a comprendere l'importanza di avere un piccolo spazio anche per se stessi.
Conclusioni
Alla luce delle informazioni riportate sopra e secondo il questionario di gradimento, somministrato alla fine del gruppo, emerge che gli incontri hanno aumentato l'informazione utile per affrontare la malattia e hanno dato strumenti per affrontare alcune difficoltà relazionali e comunicative nel rapporto con il proprio familiare. Si riscontra, inoltre, un miglioramento della qualità della vita quotidiana trascorsa con il familiare malato.

GRUPPI ABC per chi assiste le persone con Demenze di Alzheimer e senili

IL GRUPPO ABC PER I CAREGIVER DELLE PERSONE CON DEMENZA: L'AUTOAIUTO BASATO SULL'APPROCCIO CONVERSAZIONALE E CAPACITANTE

Dr.ssa Arianna Cocco, Dr.ssa Simona Sertorio,
Hanno collaborato: Dr.ssa Manuela Giambanco, Dr. Andrea Maramonti, Dr.ssa Silvia Peri, Dr.ssa Angelida Ullo

Referente: mail@ariannacocco.it - tel. 339.24 076 36
Per informazioni contattare: Dott.ssa Manuela Giambanco, manuelagiambanco@virgilio.it- tel 3381617070

Principi e metodi del Gruppo ABC
Il Gruppo ABC si basa sull'Approccio Conversazionale e Capacitante e fa riferimento al Conversazionalismo di Giampaolo Lai così come è evoluto all'interno del Gruppo Anchise. Il gruppo ABC riunisce i familiari che assistono un malato Alzheimer, con l'obiettivo di aiutarli a superare il senso di impotenza e a diventare curanti esperti nell'uso della parola.
L'approccio Conversazionale:
Nel Gruppo ABC le parole vengono usate consapevolmente e diventano lo strumento privilegiato della cura: esse servono per promuovere e restituire dignità alla persona anziana malata e al familiare che la cura. L'Approccio Conversazionale promuove il tener viva la competenza a parlare anche quando non vi è la competenza a comunicare, quando cioè le parole sembrano aver perso il loro significato e sembra inutile sforzarsi a parlare: parlare diventa d'improvviso o inesorabilmente nel tempo un'azione faticosa sia per i malati che per i familiari.
Quando si arriva a questa situazione vi è conversazione senza comunicazione. Sono situazioni in cui è facile vivere esperienze di isolamento verbale che rappresentano il "deterioramento aggiuntivo" del paziente, ossia quel deterioramento che deriva dall'interazione tra il paziente e l'ambiente, e che incide negativamente sulla sua qualità di vita e su quella del suo caregiver. Lo spazio e l'ambiente di vita possono rappresentare, dunque, se adeguatamente formati, una risorsa terapeutica.
Scopo del gruppo ABC è dunque formare i caregiver all'utilizzo della parola rendendoli "curanti esperti": attraverso questa via sarà possibile favorire la realizzazione di "conversazioni felici" tra caregiver e paziente nella vita di tutti i giorni e la realizzazione di un "ambiente capacitante". Il conduttore focalizza l'attenzione dei partecipanti sulle parole scambiate a casa con il congiunto malato nella vita di tutti i giorni.
L'approccio Capacitante:
Il Gruppo ABC si ispira al concetto di Capacitazione, si creano cioè le condizioni per cui, attraverso la formazione del familiare, la persona con demenza possa svolgere le azioni di cui è capace così come ne è capace, senza sentirsi in errore, attraverso il riconoscimento delle sue competenze elementari: quella emotiva, a contrattare e a decidere. Questi concetti diventano le tecniche con cui il conduttore si rapporta con i partecipanti al gruppo i quali poi potranno utilizzarle a casa nel rapporto con la persona malata di Alzheimer. La focalizzazione sulle Competenze Elementari all'interno del gruppo si realizza attraverso i Dodici Passi: 12 regole/tecniche che facilitano l'emergere della parola (Approccio Conversazionale) e delle Competenze Elementari (Approccio Capacitante), promuovendo così il benessere soggettivo del familiare curante e di conseguenza della persona malata.
La conduzione:
Oltre ai Dodici passi anche la strutturazione del Gruppo assume una valenza di "regola/tecnica" affinché gli incontri si sviluppino in modo funzionale al raggiungimento dell'obiettivo, La tecnica di conduzione è semidirettiva e lo svolgimento ordinato di alcune tappe favorisce la partecipazione di tutti e l'addestramento ai Dodici Passi. Le fasi preordinate dello svolgimento del gruppo sono: Lettura d'inizio, Regola del presentarsi, Modalità di interazione a stella, Assegnazione di un compito e Lettura finale.
I risultati dei Gruppi ABC
I risultati vengono verificati soggettivamente durante gli incontri e sono confermati dalle dichiarazioni dei partecipanti che affermano di riuscire a parlare e a relazionarsi con maggiore serenità con il proprio congiunto malato. Per la valutazione quantitativa dei risultati vengono somministrati due questionari, uno iniziale e uno finale in cui si chiede a ciascun familiare di valutare il cambiamento avvenuto tra il prima e il poi della partecipazione al gruppo. Le aree indagate sono: il comportamento verbale del paziente, il comportamento verbale del caregiver, il suo grado di soddisfazione nel partecipare al gruppo, il carico assistenziale.

http://www.formalzheimer.it/