giovedì 1 settembre 2011

partecipo a questa iniziativa, contattami al 3381617070



venerdì 26 agosto 2011

con Settembre riprende il mese della salute


Il CENTRO ESTETICO LARIANO
Via Napoleona 84, 22100 Como

Presenta

MESE DELLA SALUTE
Consulenza psicologica gratuita (1 o 2 colloqui in base alla problematica presentata)

Gestite dalla
Dott.ssa Manuela Giambanco
Iscritto Ordine degli Psicologi della Lombardia (03/8472 del 01/12/04)
Psicologo clinico

Esperto in
-Colloqui individuali;
-Colloqui di coppia;
-Gestione dell’ansia e depressione;
-Gestione di problematiche  riguardanti la terza età;
-Supporto psicologico al paziente e ai familiari nelle demenze senili (d. Alzheimer, Parkinson, Demenze vascolari).

Per prenotazioni rivolgersi al
031-590335  o 338-1617070

Nuove iniziative per i familiari che assistono le persone con malattia di Alzheimer

SONO APERTE LE ISCRIZIONI PER IL GRUPPO ABC:
                                                                                                                                                                                                                                       
LA CONVERSAZIONE POSSIBILE CON IL FAMILIARE ALZHEIMER

I familiari-caregiver dei malati di Alzheimer sono stati riconosciuti come le “vittime nascoste” della malattia. L’ impegno (in termini di tempo e di energie) nella gestione della patologia del congiunto, assorbe completamente lo stesso caregiver con conseguenze che raggiungono anche livelli gravi d’ insonnia o depressione.
Questa situazione di disagio in più instaura spesso, anche senza volerlo, una relazione malsana con il familiare che viene visto solo come demente e che dunque spinge lo stesso malato ad identificarsi e comportarsi come tale.
I gruppi nascono con l’idea di poter sovvertire questo schema e stabilire una conversazione “felice” tra il familiare-caregiver e il paziente affetto da malattia di Alzheimer: a sua volta questa diventa una relazione “felice”.
Il termine “felice” è volutamente provocatorio ed indica  l’ instaurazione di  una conversazione con il proprio congiunto con demenza di Alzheimer, non tanto con l’obiettivo di un miglioramento dei sintomi e/o del recupero della memoria, ma che va vista nell’ ottica di aiutarlo a stare il meglio possibile nonostante la malattia. Ciò favorisce e incentiva la “felicità” del familiare-caregiver e di riflesso, contemporaneamente, quella della persona con demenza.

COSA SONO I GRUPPI ABC

I gruppi ABC  non ricadono nell’ ambito dei gruppi psicoeducativi nè dei gruppi di sostegno, ma gruppi che nascono con lo scopo di mettere in primo piano una migliore comunicazione con il familiare, riconoscendo i propri desideri, i propri bisogni e le proprie risorse, il tutto attraverso l’uso della terapia conversazionale-capacitante. Tale approccio si basa sul principio che la malattia di Alzheimer oltre ad essere una demenza degenerativa, con perdita della memoria, alterazione comportamentale e disturbi psichiatrici, è anche una malattia della parola. All’interno della terapia conversazionale ogni parola detta dal paziente, anche se incomprensibile, ci permette di comprendere e rendere più leggibile il “mosaico” del suo mondo, riconoscendo e dando significato a ciò che viene pronunciato  rendendo la persona malata più rassicurata e tranquilla.


Per infomazione rivolgersi alla dott.ssa Manuela Giambanco
338-1617070



lunedì 4 luglio 2011

Le Demenze Senili: consigli utili su come gestire i nostri anziani a domicilio

                                LA DEMENZA SENILE

Negli ultimi anni l’aspettativa di vita è aumentata notevolmente e accanto a problemi sociali ha portato con sé problemi di natura sanitaria. Tra questi, importante per le implicazioni di carattere sociale (ricoveri in ospedale, assistenza domiciliare, ecc.), ha una notevole diffusione la demenza.
La sindrome demenziale è una patologia che causa una deterioramento delle funzioni cognitive, che condiziona significativamente l’espletamento delle attività quotidiane. Per molto tempo questa patologia è stata considerata solo come una conseguenza dell’invecchiamento, portando ad una errata interpretazione dei sintomi da parte dei medici.
All’interno di questa argomentazione dobbiamo sottolinerare che con l’età si possono riscontrare modificazioni delle funzioni cognitive, che non indicano la presenza della demenza.
Utilizzato in passato come sinonimo di follia, oggi il termine demenza si riferisce esclusivamente all’invecchiamento delle cellule corticali (cortecia cerebrale) da imputare a cause che vanno dalla predisposizione genetica (che accelerano il processo) a ipertensione arteriosa, diabete, ictus, ischemie.
I sintomi che caratterizzano questa patologia sono riferiti ad una perdita delle funzioni cognitive superiori (memoria, linguaggio,attenzione, concentrazione) di entità tale
da influire sulle usuali attività sociali e lavorative del paziente. Si riscontrano anche sintomi che riguardano la sfera dell’affettività (depressione, astenia), dell’ideazione (deliri), della percezione (allucinazioni) e del comportamento (agitazione psicomotoria, wondering).

I diversi tipi di demenza
           
            Distinguiamo le demenze in due grandi categorie, degenerative e secondarie.
  • Le demenze degenerative: provocano il progressivo sgretolamento delle cellule cerebrali. Tra queste ritroviamo:
    • Demenza di Alzheimer: è la demenza senile più diffusa e ricopre il 50/70% dei casi di demenza;
    • Il morbo di Pick: l’esordio è precoce, tra i 50/60 anni. Si caratterizza per l’atrofia dei lobi frontali con presennza dei disturbi del comportamento, disibizione, impulsività, comportamenti bizzarri. Solo in una fase avanzata compaiono i deficit cognitivi nel linguaggio e nell’attenzione. Rispetto alla malattia di Alzheimer non si riscontrano disturbi nella memoria, ma molte difficoltà nel linguaggio fino ad arrivare al mutismo.
    • Degenerazione del lobo frontale: più evidenti sono i disturbi di personalità, del linguaggio e delle condotte sociali. Poco compromessi i disturbi cognitivi. Sono sempre presenti manifestazioni emotive aspecifiche, come la tendenza al riso o al pianto immotivato.
    • Malattia dei corpi di Lewy: colpisce di più gli uomini in un’età tra i 65 e i 75 anni. I pazienti sviluppano subito un quadro psicotico caratterizzato da allucinazioni visive e deliri. Questa patologia è difficile da distinguere dalla demenza di Alzheimer per le strette analogie.
    • Demenza di Parkinson: colpisce l’11% della popolazione in età matura. I sintomi all’esordio sono rappresentati da un semplice tremore alle dita e da rigidità, ma con il passare degli anni la loro gravità aumenta. Successivamente abbiamo tremore a riposo, che cessa con i movimenti volontari e nel sonno, lentezza di movimento, andatura incerta. Il deficit cognitivo fa parte della malattia e compare in fase avanzata. Ad essere più colpite sono la produzione del linguaggio che appare rallentato, come la risposta alle domande, la capacità di astrazione, di critica e di giudizio.
    • Degenerazione cortico basale: malattia rara che insorge tra i 60 e gli 80 anni e colpisce entrambi i sessi in ugual misura. I deficit sono legati alla rigidità, ai movimenti involontari.
    • Malattia di Huntington: è rara. Ha un esordio precoce tra i 35 e 40 anni. E’ caratterizzata da movimenti involontari ingravescenti, che si manifestano come smorfie del viso, tremore della testa e posture alteranti  di flessione ed estensione degli arti e del tronco. Spesso, nelle fasi iniziali, il paziente presenta una modificazione della personalità, depressione, mania e uno stato alllucinatorio simile alla schizzofrenia.

Demenze secondarie: sono demenze che hanno come comun denominatore un danno cerebrale di natura ischemica, che si manifestano sul piano clinico con sintomi e segni riferibili a un quadro di demenza. Per diagnosticare tale patologia è necessario che sia presente un quadro di demenza che si manifesti con un declino cognitivo caratterizzato da alterazione della memoria, e almeno due dei seguenti sintomi: disorientamento, alterazione dell’ attenzione, difficoltà nelle capacità linguistiche, nel calcolo, astrazione, giudizio e controllo motorio. La demenza deve esserre accopagnata da una lesione cerebrale, tipo ictus, ischemia, tia, avvenuta tre mesi prima l’esordio dei sintomi sopra descritti.
            La demenza vascolare ha un esordio brusco, al contrario della demenza di Alzheimer che ha un esordio insidioso. I deficit di memoria si presentano subito e non differeriscono molto dalla demenza di Alzheimer.

Come intervenire
            La maggior parte dei malati di demenza non si trova in ospedale, ma nelle case di crura o a domicilio, assistiti dai familiare e dalle badanti, spesso con relativo poco aiuto dai servizi sociali e sanitari.
            Nella gestione del malato a domicilio bisogna considerare la presa in cura, in modo “informale”, anche dei familiari. Queste persone, che spesso si prendono cura dei malati, hanno livelli di tensione e di stress molto alti legati, non solo alla gestione del familiare malato, ma soprattutto perché sperimentano una “perdita vivente”. La perdita della persona che una volta loro conoscevano, di cui adesso rimane ben poco. Alla luce di queste considerazioni è importante che il badante crei una relazione “sana” con il familiare per poter interagire insieme nella gestione quotidiana del malato.
           
I bisogni dei pazienti dementi cambiano in funzione al livello della malattia. Considerando i diversi tipi di demenza, abbiamo individuato alcune macro-aree più problematiche per l’assistenza e il modo per svolgerla al meglio.
    • Memoria: la perdita della memoria è uno dei sintomi che accumuna quasi tutte le demenze. Il paziente, spesso, nelle prime fasi della malattia è più confuso e turbato di fronte ai continui vuoti di memoria. In questo caso, si dovrebbe:
        • Mantenere un atteggiamento positivo;
        • Considerare i suoi sentimenti;
        • Non pensare che il malato si comporti in modo maldestro intenzionalmente;
        • Non soffermarsi sugli errori;
        • Non fare domande;
        • Usare fogli promemoria;
        • Costruire un ambiente stabile.
Disorientamento: spesso sono disorientati nel tempo e nello spazio. Questo li agita molto. Si dovrebbe:
·        Rassicurarli;
·        Dare dei riferimenti temporali basati sulle azioni quotidiane.

Vita quotidiana: il paziente demente trova maggiori difficoltà nella cura personale e nella gestione della casa. Tuttavia il fatto che abbiano bisogno di maggiore aiuto non significa che sono disposti ad accettarlo. L’assistenza, infatti, deve variare in funzione del livello di comprensione e delle capacità residue.
Per fare tutto ciò l’ambiente ha un ruolo importante. Bisogna preparare un luogo idoneo per il malato. I principali obiettivi che devono guidare le scelte dell’ambiente sono:
·        Prevedere un’illuminazione notturna per camera, bagno e corridoio;
·        Installare allarmi per il fumo e gas;
·        Verificare le chiusure di porte e finestre, eliminando le chiavi interne;
·        Eliminare tappetti e stuoie;
·        Mettere  in luoghi sicuri i detersivi e i medicinali;
·        Evitare l’uso di cere;
·        Usare cancelletti per le scale;
·        Prevedere corrimano, appigli nel bagno;
La scelta va sempre commisurata alle caratteristiche di ciascun paziente.
Un elemento importante è che il malato deve essere sempre coinvolto ed impegnato nella vita quotidiana e familiare, assegnandogli compiti semplici e ripetitivi. Questo aiuta a non incastrarlo nella categoria di demente, ma di persona con le sue capacità residue.







sabato 2 luglio 2011

Nuova Attività a Como


“Lo Psicologo in Farmacia”

La dott.ssa Manuela Giambanco (psicologo) propone un nuovo servizio GRATUITO, presso la  Farmacia di Breccia (Como):

                             La CONSULENZA PSICOLOGICA

La dott.ssa Manuela Giambanco, psicologo clinico e iscritto all’Albo degli Psicologi della Lombardia, promuove una consulenza psicologica gratuita per le seguenti tematiche:

·        Consulenza individuale (Disturbo d’Ansia, Depressione, Disturbi alimentari, Demenza senile e di Alzheimer.);
·        Consulenza di coppia (problemi di coppia e gestione dei figli);
·        Gestione dello stress e “mediazione familiare” nelle separazioni;
·        Supporto psicologico ai familiari e ai pazienti con malattie croniche, demenza di Alzheimer e demenza senile.

Le prime due sedute di consulenza sono Gratuite e si svolgeranno presso la Farmacia di Breccia (in un luogo adeguato) previo appuntamento.
Le successive sedute saranno a pagamento, secondo il tariffario nazionale dell’Ordine degli Psicologi: consulenza individuale €50, consulenza di coppia €80. Tali incontri si svolgeranno presso il Centro di medicina Estetica “Centro Lariano” in via Napoleona a Como.

Per appuntamento contattare dal lun. al ven. dalle h 13 la dott.ssa Manuela Giambanco al numero 3381617070.
manuelagiambanco@virgilio.it

venerdì 1 luglio 2011

LA DEPRESSIONE E L'ANSIA NELL'ANZIANO

LA DEPRESSIONE e L’ANSIA NELLA TERZA ETA’
                                                                                                                        Relatore
                                                                                                Dott.ssa Manuela Giambanco

            La nostra società sta progressivemente diventando una società di anziani. Il numero di persone over 65 anni è in costante aumento e paradossalmente l’aumento della speranza di vita è accompagnato dall’aumento di molte patologie (demenze senili, depressione e ansia).
            Una patologia in continua crescita è rappresentata dai disturbi dell’umore tra questi soprattutto la depressione e l’ansia. Le ragioni e le cause sono multiple, prima tra tutte l’invecchiamento. Questo è una fase che accomuna tutte le specie viventi ed è caratterizzato da un forte cambiamento fisico (cambiamento dell’aspetto fisico, rughe, perdita di forze) psicologico (difficoltà nel ricordare, malumore) e sociale (perdita del ruolo sociale: pensione, uscita di casa dei figli). Nell’anziano che invecchia prevale, quindi,  il concetto di “perdita”: successi, riuscita e guadagni sono gradualmente rimpiazzati da perdite, ridotta attività, rimpianti e delusioni. Vi è un aumento progressivo al ritiro dalle attività sociali e la rinuncia ad una vita indipendente. Il tutto si accompagna ad una graduale perdita del “ruolo” avuto sino ad allora. Questi cambiamenti , nello stile di vita, vengono considerati come inelluttabili e normali espressione del cambiamento e spesso vengono ignorati come segnali di una depressione mascherata. Un’altra difficoltà che rende difficile il trattamento della depressione senile è che gli anziani pensano di essere troppo vecchi per curarsi, che il disturbo guarirà da solo e che il cercare aiuto per la propria tristezza è un non senso o una debolezza.
Chi è depresso e ansioso soffre moltissimo. La depressione e l’ansia non è un qualcosa di immaginario, che qualcuno inventa, ma non è neppure una situazione che può essere modificata o migliorata con uno sforzo di volontà. E’ una malattia che va compresa, riconosciuta e curata.

I sintomi della depressione senile

Stati temporanei di tristezza, di delusione e di abbattimento non sono depressione, ma fanno parte della vita di tutti i giorni. La depressione è una malattia che provoca una intensa sofferenza morale e fisica.
I sintomi della depressione senile sono:
  • Umore depresso: a differenza di quello che avviene nel giovane o nell’adulto, gli anziani spesso non si lamentano. Non esprimono sentimenti di tristezza. Una flessione del tono dell’uomore è meno presente, questo perché la considerano tipica dell’età. Compare di più ansia e sintomi somatici;
  • Sintomi psicotici: la visione pessimistica accentuna la falsa interpretazione della realtà, per questo aumentano le idee paronoiche (riguardante la famiglia e la propria guarigione) e l’ipocondria.
  • Sintomi d’ansia: preoccupazione, apprensione e ansia di fronte ad eventi normali la cui portata viene ingigantita.
  • Sintomi somatici: nell’anziano la depressione è spesso nascosta da sintomi somatici (dolori articolari, cefalee, palpitazioni, tachicardie, ecc)
  • Riduzione dei processi cognitivi: tale riduzione è spesso descritta come “pseudo-demenza” ed è molto importante differenziarla da un vero quadro di demenza. I pazienti che sofffrono di depressione sono coscienti delle loro mancanze nella memoria, nell’orientamento spazio-temporale, cosa che non si verifica con i pazienti con un quadro di demenza senile. Nella depressione non vi è una vera perdita dei ricordi, né antichi né recenti, ma piuttosto una difficoltà a rievocarli: ciò significa che l’amnesia è solo apparente e non legata alla presenza di lesioni cerebrali.
  • Disturbi del sonno:  riduzione del ciclo sonno-veglia.

Che cosa è l’ansia?

 L’ansia non sempre è uno stato disfunzionale, problematico, da cuare. Nel caso, ad esempio, di un senso d’apprensione che può essere scatenato dalla preoccupazione per evento imminente, come un esame medico. Questo tipo di ansia è una reazione normale a una circostanza specifica.
L’ansia patologica scatena, invece, un senso di pericolo incombente che si associa praticamente a qualsiasi situazione di incertezza o addiritura non a una causa apparente: si tratta di un intenso disagio psichico, generato dalla sensazione di non essere in grado di fronteggiare gli eventi futuri. Comunemente elevati livelli di ansia si manifestano attraverso sintomi fisici, quali tensione muscolare, sudore allle mani, pesantezza di stomaco, difficoltà respiratorie, tremori, debolezza, tachicardia, ecc.
            Tra i principali disturbi d’ansia troviamo:
  • Il disturbo ossessivo-compulsivo;
  • Il disturbo da attacchi di panico;
  • Le fobie;
  • Il disturbo post traumatico da stress.
Nell’anziano tali manifestazioni si presentano con alcune peculiarità:
  • il disturbo da attacchi di panico: si presenta in forme meno gravi, comportando minori condotte di evitamento e minore disabilità funzionale;
  • Le fobie: esistono dati preliminari sulle specificità delle patologie, spesso riguarda il crimine, la possibilità di subire furti o aggressioni;
Vi sono evidenze di una relazione fra sindromi ansiose e alcune malattie mediche (demenze senili).
A loro volta, poi i sintomi ansiosi peggiorano la prognosi delle malattie mediche e possono provocare abuso di tranquillanti.

Le strategie di cura

Alla luce di quanto sopra espoosto, possiamo dire che ansia e depressione sono condizioni comuni nella fascia dei soggetti in età avanzata, ma quando si tratta realmente di patologia?
La grande diffusione nel linguaggio comune del termine “depressione” nel linguaggio sfocia talora in un vero e proprio abuso che finisce per includere anche forme più contenute di disagio legate spesso allo scarto tra come si è e come si vorrebbe essere.
Per discriminare ed eseguire un’accurata analisi della domanda si rende allora fondamentale un approfondito esame dello stato mentale del paziente anziano, che prenda in considerazione stato emotivo (calma, agitazione, labilità emotiva), umore (deflessione o vitalità) e presenza di eventuali somatizzazioni.
            Nell’anziano la depressione e l’ansia sono una condizione patologica che possono manifestarsi da sole o in concomitanza ad altre malattie (ictus, demenze senili, infarti cardiaci, malattie oncologiche).
            Chi desidera o vuole aiutare un depresso deve avere ben presente che non può essere facile relazionarsi con lui.

            Bisogna ricordare che:
·        Il “depresso” non accetta consigli e aiuti a causa dell’inerzia e dei suoi sensi di colpa;
·        Bisogna avere molta pazienza;
·        Bisogna rassicurare il “paziente” che la sua condizione non è unica, che non è solo e che la depressione non è un segno di debolezza.
·        Un primo intervento importante è ottenere una diagnosi corretta ed il trattamento adatto al suo caso. Questo significa incoraggiare la persona a cercare l’aiuto di uno specialista;
·        Importante è offrire un sostegno affettivo, armandosi di comprensione, pazienza, affetto e incoraggiamento.

Per curare in modo efficace e risolutivo la depressione e l’ansia, non esistono limiti di età. Nell’anziano il compito può risultare più difficile per le condizioni di salute precarie o spesso per la presenza di malattie somatiche.
In ogni caso una terapia condotta con attenzione e scrupolo, che tenga conto di questi fattori, ottiene la medesima percentuale di successi raggiungibili in altre età della vita.
L’invecchiamento del cervello e la depressione sono, infatti, due eventi separati e ben distinti ed è un pregiudizio che non trova riscontri clinici ritenere che la depressione e l’ansia nell’anziano siano una conseguenza diretta dell’invecchiamento organico del cervello.


domenica 26 giugno 2011

CHE COSA è l'AZHEIMER? sEMINARI INFORMATIVI ALLE BADANTI

“ LA COMUNICAZIONE CON IL MALATO ALZHEIMER

Relatore

Dott.ssa Manuela Giambanco


           
La malattia di Alzheimer ( da Alois Alzheimer, il neurologo che nel 1906 la identificò per la prima volta) è una forma di “demenza senile” che colpisce il sistema nervoso centrale (cervello) compromettendo le facoltà mentali (memoria, ragionamento e comportamento) che formano e identificano l’individuo in quanto tale.

I disturbi tipici di questa malattia li ritroviamo nella:

·         Sfera cognitiva: memoria, attenzione, concentrazione, linguaggio e capacità di formulare un ragionamento compiuto;
·         Sfera affettiva: frequente è la presenza di depressione dell’umore, sia legata alle lesioni cerebrali, sia connessa alla consapevolezza del proprio stato;
·        Vita quotidiana: incapacità di svolgere le comuni attività della vita quotidiana, come occuparsi della cura personale, governare la casa, cucinare, fare acquisti, assumere i farmaci correttamente;
·        Sfera del comportamento: quali l’irritabilità, la depressione, l’apatia. In alcuni casi si riscontra anche una certa sospettosità che porta anche all’accusa , rivolta ai familiare, di essere derubati. In altri casi si evince un cambiamento della personalità per cui persone tranquille diventano aggressive, impulsive e violente.

Come si potrà notare, le aree di disturbo che intacca la malattia sono cardinali nello sviluppo e mantenimento della nostra identità e della nostra storia. Quello che noi siamo, la nostra personalità, infatti è data dall’insieme di tutte le nostre esperienze, delle nostre relazioni e dei nostri ricordi (che risiedono nella memoria). Per questo motivo possiamo dire che la malattia di Alzheimer intacca profondamente, fino a sgretolare, l’identità del malato.
Il sintomo cardinale, quindi, è rappresentato dalla perdita della memoria recente, dall’incapacità di immagazzinare nuovi ricordi. Il paziente non ricorda dove ha riposto un oggetto, dimentica quello che è avvenuto pochi minuti prima e tende ad essere ripetitivo. Con il proseguire della malattia anche la memoria autobiografica, i ricordi del proprio passato, vengono dimenticati progressivamente partendo dal più recente fino ad arrivare alla propria infanzia.
Contemporaneamente ai disturbi di memoria, nella malattia di Alzheimer si manifestano anche i disturbi del linguaggio e della comunicazione. Il paziente si accorge che gli manca la parola (anomie) e i familiari che perde il filo del discorso. Il linguaggio tende ad impoverirsi. Da qui deriva la tendenza da usare termini passe-partout: il coltello diventa “quello per tagliare”, il bicchiere “il coso per bere”. Con il progredire della malattia iniziano anche a storpiare le parole dire “favolo” per “tavolo”, “topo” per “formaggio” o viceversa.

La diminuzione progressiva della capacità linguistica unita alla perdita di memoria, conducono ad un deterioramento della comunicazione, comportando un isolamento progressivo del paziente.

Come comunicare con un malato alzheimer?
La comunicazione verbale, che è composta dal linguaggio, dai pensieri e dalle parole con i quali si esprimono opinioni, commenti ed emozioni. come già accennato la capacità di comunicare si modifica in modo sempre più evidente con il progredire della malattia.
·        Nelle fasi iniziali: sono presenti le anomie: il paziente sa quello che vuole dire ma non trova la parola per dirlo (effetto “sulla punta della lingua”). Tende, inoltre, ad usare sempre più spesso frasi fatte o parole passe-partout.
·        Nelle fasi più avanzate: il linguaggio spontaneo si impoverisce progressivamente e diviene in parte incomprensibile. Le anomie aumentano e l’unica strategie, nel malato, per compensare questi disturbi è parlare sempre di meno. I disturbi di comprensione diventano sempre più gravi. Ai problemi di linguaggio si associano quelli di scrittura, che tende a farsi minuta, piccola e incomprensibile.
·        Nella fase avanzata: la comunicazione verbale risulta impossibile per grave deficit di comprensione. Il linguaggio spontaneo è caratterizzato da una produzione fluente di parole senza senso. il malato, inoltre, può apparire mutacico (muto) e i suoi silenzi vengono interrotti solo da sillabe ripetute in modo incontrollato o da brevi frammenti verbali.
Cosa fare?
Il malato, rendendosi conto di non essere compreso, può arrabbiarsi perchè non riesce ad esprimere ciò che desidera, oppure rinunciare alla conversazione. Chi si prende cura del malato di Alzheimer (sia familiare che badante), deve cercare di preservare il più a lungo possibile la capacità comunicativa.
Alcuni suggerimenti:
·        Controllare che il paziente abbia la protesi acustica accesa e gli occhiali;
·        assicurarsi che l’ambiente sia accogliente e non sia troppo rumoroso;
·        parlare al malato ponendosi di fronte allo stesso;
·        Trovare il modo per utilizzare le capacità residue;
·        non isolarlo, ma coinvolgerlo nella conversazione;
·        Concedergli del tempo per rispondere;
·        non correggerlo, non anticipare le sue risposte e non parlare la suo posto;
·        parlare lentamente e con chiarezza evitando di gridare;
·        utilizzare frasi semplici e brevi;
·        Ascoltare con attenzione ciò che il malato esprime anche se con difficoltà;
·        usare il dialetto, se è la lingua meglio compresa;
·        non trattarlo come un bambino.

La comunicazione non verbale, che non può essere slegata dalla comunicazione verbale, riguarda tutto ciò che trasmettiamo attraverso il corpo. Fanno parte: i movimento del corpo, i gesti, le espressioni del viso, gli atteggiamenti, il riso, il pianto, lo sbadiglio, i cambiamenti del tono della voce, le pause, i silenzi, la distanza e il contatto fisico, l’abbigliamento, il trucco e gli ornamenti.
Nello stadio avanzato della malattia sono i mezzi non verbali a dominare la relazione tra familiare/badante e malato. Il paziente affetto da malattia di Alzheimer conserva la capacità di comunicare con il mondo circostante anche nelle fasi più avanzate della malattia. Anche se dice cose strane e non facilmente comprensibili comunica con l’espressione del viso, con il corpo, con le parole e con il tono delle voce.
Alcune problematiche più comuni, che lasciano il familiare/badante in preda ad un sentimento di impotenza sono:
·        Il Pianto: può avere origini fisiche o psicologiche. Potrebbe inoltre, rappresentare un campanello di allarme per la presenza di una sindrome ansiosa e depressiva.
§         Cosa fare:
Il pianto ha sempre un significato di richiesta di aiuto. Una volta escluse le cause fisiche è importante intervenire rassicurando e consolando il malato, anche se la situazione è apparentemente incomprensibile.

·        La Paura: è un’emozione primaria di difesa provocata da una situazione di pericolo reale, immaginaria o evocata dal ricordo. I malati in stato avanzato della malattia sono in grado di comunicare con il proprio corpo questa emozione, come l’innalzamento delle sopracciglia, gli occhi spalancati, la bocca aperta.
·        L’Apatia: è uno stato di indifferenza verso il mondo circostante. Il malato rimane seduto per ore senza fare nulla.
§         cosa fare:
si può stimolare il malato proponendo attività che lui è capace di fare oppure coinvolgerlo nelle semplici attività di casa in modo da farlo sentire utile.

Concludendo
Nella fase avanzata delle malattia, ma non solo, quando la comunicazione verbale non è praticabile, è necessario che  i familiari/badanti continuino a cercare un contatto con il malato e parlargli. Questo evita che il malato si senta escluso da tutto e da tutti.


sabato 25 giugno 2011

UN'ESPERIENZA PRESSO L'OSPEDALE VALDUCE DI COMO-GRUPPI ABC: LA CONVERSAZIONE POSSIBILE CON IL FAMILIARE ALZHEIMER.

GRUPPI ABC LA CONVERSAZIONE POSSIBILE CON IL FAMILIARE ALZHEIMER

Gruppi per i familiari di pazienti Alzheimer

Progetto della Dott.ssa Manuela Giambanco
Il progetto si è estrinsecato in sei incontri, ai quali hanno partecipato dieci (10) familiari, tra questi erano presenti anche coppie di fratelli. La frequenza si è mantenuta costante.
Gli obiettivi del progetto sono:
  1. Favorire una comunicazione con il familiare malato;
  2. Riconoscere e accettare i propri limiti;
  3. Incentivare il bisogno di ridefinire la propria identità;
La valutazione del progetto si è svolta usando un questionario somministrato all'inizio e alla fine del gruppo. Da questo è emerso quanto segue:
  • Obiettivo 1: La comunicazione con il proprio congiunto appare migliorata, a fronte anche di un modo diverso di porsi del familiare nei suoi confronti, ovvero non interrompendolo, seguendo il suo discorso, non facendo domande, rispondendo correttamente alle domande poste dal congiunto con DA. Questo comportamento ha instaurato un circolo virtuoso che ha portato il malato Alzheimer a diminuire la ripetizione della stessa frase e a costruire delle frasi, sintatticamente corrette. Alcuni familiari riferiscono, inoltre, che la possibilità di interrompere la ripetizione continua delle frasi nel proprio congiunto, li ha aiutati nel continuare la conversazione, rendendola piacevole, per entrambi. Questo possiamo definirla un esempio di "Conversazione felice"
  • Obiettivo 2: emerge una maggiore consapevolezza da parte del caregiver della stretta dipendenza che ha verso di lui il proprio familiare e a ciò si associa ancora di più. Il senso di colpa del caregiver nella relazione con il proprio familiare. Dagli incontri, però, si riscontra che il caregiver accetta di più la malattia, pur avendo presenti gli elementi sopra menzionati.
  • Obiettivo 3: Durante gli incontri è emerso una notevole difficoltà da parte di molti caregiver a potersi concedere una vita fuori dall'accudimento del proprio familiare. In questo è stata molto importante l'esperienza di alcuni membri che sono riusciti a trovare degli spazi per se stessi. Il loro racconto, infatti, ha aiutato a comprendere l'importanza di avere un piccolo spazio anche per se stessi.
Conclusioni
Alla luce delle informazioni riportate sopra e secondo il questionario di gradimento, somministrato alla fine del gruppo, emerge che gli incontri hanno aumentato l'informazione utile per affrontare la malattia e hanno dato strumenti per affrontare alcune difficoltà relazionali e comunicative nel rapporto con il proprio familiare. Si riscontra, inoltre, un miglioramento della qualità della vita quotidiana trascorsa con il familiare malato.

GRUPPI ABC per chi assiste le persone con Demenze di Alzheimer e senili

IL GRUPPO ABC PER I CAREGIVER DELLE PERSONE CON DEMENZA: L'AUTOAIUTO BASATO SULL'APPROCCIO CONVERSAZIONALE E CAPACITANTE

Dr.ssa Arianna Cocco, Dr.ssa Simona Sertorio,
Hanno collaborato: Dr.ssa Manuela Giambanco, Dr. Andrea Maramonti, Dr.ssa Silvia Peri, Dr.ssa Angelida Ullo

Referente: mail@ariannacocco.it - tel. 339.24 076 36
Per informazioni contattare: Dott.ssa Manuela Giambanco, manuelagiambanco@virgilio.it- tel 3381617070

Principi e metodi del Gruppo ABC
Il Gruppo ABC si basa sull'Approccio Conversazionale e Capacitante e fa riferimento al Conversazionalismo di Giampaolo Lai così come è evoluto all'interno del Gruppo Anchise. Il gruppo ABC riunisce i familiari che assistono un malato Alzheimer, con l'obiettivo di aiutarli a superare il senso di impotenza e a diventare curanti esperti nell'uso della parola.
L'approccio Conversazionale:
Nel Gruppo ABC le parole vengono usate consapevolmente e diventano lo strumento privilegiato della cura: esse servono per promuovere e restituire dignità alla persona anziana malata e al familiare che la cura. L'Approccio Conversazionale promuove il tener viva la competenza a parlare anche quando non vi è la competenza a comunicare, quando cioè le parole sembrano aver perso il loro significato e sembra inutile sforzarsi a parlare: parlare diventa d'improvviso o inesorabilmente nel tempo un'azione faticosa sia per i malati che per i familiari.
Quando si arriva a questa situazione vi è conversazione senza comunicazione. Sono situazioni in cui è facile vivere esperienze di isolamento verbale che rappresentano il "deterioramento aggiuntivo" del paziente, ossia quel deterioramento che deriva dall'interazione tra il paziente e l'ambiente, e che incide negativamente sulla sua qualità di vita e su quella del suo caregiver. Lo spazio e l'ambiente di vita possono rappresentare, dunque, se adeguatamente formati, una risorsa terapeutica.
Scopo del gruppo ABC è dunque formare i caregiver all'utilizzo della parola rendendoli "curanti esperti": attraverso questa via sarà possibile favorire la realizzazione di "conversazioni felici" tra caregiver e paziente nella vita di tutti i giorni e la realizzazione di un "ambiente capacitante". Il conduttore focalizza l'attenzione dei partecipanti sulle parole scambiate a casa con il congiunto malato nella vita di tutti i giorni.
L'approccio Capacitante:
Il Gruppo ABC si ispira al concetto di Capacitazione, si creano cioè le condizioni per cui, attraverso la formazione del familiare, la persona con demenza possa svolgere le azioni di cui è capace così come ne è capace, senza sentirsi in errore, attraverso il riconoscimento delle sue competenze elementari: quella emotiva, a contrattare e a decidere. Questi concetti diventano le tecniche con cui il conduttore si rapporta con i partecipanti al gruppo i quali poi potranno utilizzarle a casa nel rapporto con la persona malata di Alzheimer. La focalizzazione sulle Competenze Elementari all'interno del gruppo si realizza attraverso i Dodici Passi: 12 regole/tecniche che facilitano l'emergere della parola (Approccio Conversazionale) e delle Competenze Elementari (Approccio Capacitante), promuovendo così il benessere soggettivo del familiare curante e di conseguenza della persona malata.
La conduzione:
Oltre ai Dodici passi anche la strutturazione del Gruppo assume una valenza di "regola/tecnica" affinché gli incontri si sviluppino in modo funzionale al raggiungimento dell'obiettivo, La tecnica di conduzione è semidirettiva e lo svolgimento ordinato di alcune tappe favorisce la partecipazione di tutti e l'addestramento ai Dodici Passi. Le fasi preordinate dello svolgimento del gruppo sono: Lettura d'inizio, Regola del presentarsi, Modalità di interazione a stella, Assegnazione di un compito e Lettura finale.
I risultati dei Gruppi ABC
I risultati vengono verificati soggettivamente durante gli incontri e sono confermati dalle dichiarazioni dei partecipanti che affermano di riuscire a parlare e a relazionarsi con maggiore serenità con il proprio congiunto malato. Per la valutazione quantitativa dei risultati vengono somministrati due questionari, uno iniziale e uno finale in cui si chiede a ciascun familiare di valutare il cambiamento avvenuto tra il prima e il poi della partecipazione al gruppo. Le aree indagate sono: il comportamento verbale del paziente, il comportamento verbale del caregiver, il suo grado di soddisfazione nel partecipare al gruppo, il carico assistenziale.

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